
Al servizio delle famiglie, dei lavoratori e dei pensionati
Servizi di CAF E Patronato

CAF UNSIC Patronato Enasc
Al servizio del Contribuente
CAF (Centro Assistenza Fiscale) UNSIC

ISEE 2018: documenti necessari da presentare al Caf lista completa
Modello Isee 2018 documenti necessari da presentare al CAF lista elenco calcolo del reddito DSU cosa serve richiedere agevolazioni aiuti riduzioni sconti
Modello Isee 2018, documenti necessari da portare al CAF: Si, è la documentazione che il cittadino deve portare al Caf per richiedere la compilazione del modello DSU, dichiarazione sostitutiva unica che serve ai fini di rilascio della certificazione dell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente.
Tale certificazione, che serve a misurare la situazione reddituale e patrimoniale del nucleo familiare, è indispensabile per accedere a determinate prestazioni, agevolazioni, bonus e forme di sostegno al reddito concesse dal Welfare italiano per servizi come asili nido, assistenza domiciliare, diritto allo studio universitario, libri di testo gratuiti, assegni di maternità, assegni per i nuclei familiari con almeno tre figli.
Ad un anno dalla riforma ISEE che ha previsto oltre che all’inclusione dei redditi esenti d’imposta al fine di garantire maggiore “capacità selettiva” dell’indice, valorizzazione della componente patrimoniale sita sia in Italia sia all’estero, differenziazione dell’indicatore per le diverse tipologie di prestazioni con i nuovi modelli ISEE mini, integrale, corrente, minorenni, socio sanitario, università e disabili, rimangono invariate nel 2018 le regole per effettuare la richiesta ISEE, i documenti per Isee 2018 e le modalità di convalida INPS e rilascio attestazione dopo 10 giorni dall'invio della DSU da parte del CAF all'Istituto.
Andiamo quindi a vedere modello isee 2018 documenti necessari.
Calcolo ISEE 2018: su quali redditi?
Con le novità introdotte dal Decreto Salva Italia, l'anno scorso è stato predisposto un nuovo calcolo ISEE 2018 INPS, per l’indicatore di valutazione della ricchezza delle famiglie italiane, prendendo in considerazione ora tutti i redditi esenti da imposta, ossia i trattamenti assistenziali e previdenziali e tutte le entrate tassate in altro modo come ad esempio la cedolare sugli affitti, i premi di produttività, l’indennità di accompagnamento ecc., fatta eccezione per la social card ed i voucher lavoro Inps.
Concorrono ora all’accrescimento del reddito entro un valore massimo:
-
gli assegni al coniuge e ai figli;
-
il 20% del reddito da lavoro dipendente o da pensione;
-
spese per i disabili;
-
una quota degli affitti;
-
una franchigia sulle abitazioni di proprietà;
-
gli interessi derivanti da investimenti in prodotti finanziari.
​
ISEE 2018: documenti necessari da presentare al CAF
Per richiedere la certificazione della propria situazione reddituale, è necessario presentare al Caf, Patronati, Associazioni di Categoria e commercialisti la seguente documentazione e aspettare che l'INPS elabori la richiesta ed il calcolo del reddito ISEE e rilasci la relativa DSU.
In tutto dal momento della domanda al CAF al rilascio DSU convalidata dall'INPS passano circa 10 giorni.
ISEE 2018 documentazione necessaria per l'intero Nucleo Familiare:
- Stato di famiglia;
- Contratto di locazione (con estremi di registrazione);
- Ultima bolletta pagata del canone d’affitto;
- Per assegnatari d’alloggi pubblici anche ultima fattura relativa all’affitto.
Isee 2018 documenti per ciascun componente:
​
-
Codice fiscale;
-
Documento d’identità valido;
-
Certificato d’invalidità attestante l’handicap psico-fisico permanente per invalidità superiore al 66% (se presente nel nucleo familiare);
-
Ultimo MODELLO 730 o MODELLO UNICO presentato o, in mancanza d’obbligo, l’ultima certificazione dei redditi (MODELLO CU) rilasciato dal datore di lavoro o ente pensionistico, anche nel caso in cui si percepisca l'indennità di disoccupazione NASpI 2017, cassa integrazione o mobilità.
​
Si ricorda che l'ISEE, è fondamentale per richiedere ed accedere a: bonus e aiuti famiglia, il nuovo REI, reddito di inclusione 2018, il bonus bebè, nido e alla futura mamma, riduzioni e sconti bolletta etc.
Lo sai che dal 1° settembre 2018 arriva il nuovo isee 2018 precompilato Inps.
Isee 2018: quali documenti servono per il calcolo Patrimonio Immobiliare e Mobiliare?
Per l'isee 2018 documenti che servono per il calcolo del patrimonio mobiliare e immobiliare sono:
​
Isee 2018: documentiPatrimonio Immobiliare
-
Dati relativi a tutti i fabbricati, terreni agricoli e aree fabbricabili posseduti come da VISURA CATASTALE;
-
Capitale residuo del mutuo per l’acquisto o costruzione degli immobili;
Patrimonio mobiliare
-
Titoli di stato, obbligazioni, certificati di deposito e credito, buoni fruttiferi e assimilati;
-
Depositi e conti correnti bancari e postali;
-
Azioni o quote di organismi di investimento collettivo di risparmio (O.I.C.R.) italiani o esteri;
-
Partecipazioni azionarie in società italiane ed estere quotate e non quotate in mercati regolamentati;
-
Per le imprese individuali: il valore del relativo PATRIMONIO NETTO (determinato dall’ultimo bilancio; in caso di esonero dalla redazione del bilancio determinato dal valore delle rimanenze finali più il valore dei beni ammortizzabili al netto dei relativi ammortamenti);
-
Dati di chi gestisce il patrimonio mobiliare (denominazione banca o intermediario, codice ABI);
-
Contratti di assicurazione mista sulla vita.
-
Estratto conto (saldo contabile) di depositi e c/c bancari e postali e giacenza media. Per maggiori informazioni al riguardo, leggi il nostro articolo di approfondimento giacenza media conto corrente.
​
Nel modello Isee 2018 come si calcola l'abitazione principale e la prima casa con mutuo?
Le novità introdotte nella dichiarazione sotituitva reddito per il nuovo calcolo modello ISEE 2018 riguardano:
Abitazione Principale: Il valore della prima casa nel calcolo ISEE 2018 influisce circa il 60% in più rispetto al vecchio modello Isee, questo perché nel nuovo calcolo reddito sulla casa:
-
il valore dell'immobile viene rivalutato ai fini IMU e non più sull'ICI, con rivalutazione del 5%.
-
riduzione della franchigia sulla componente mobiliare, poiché ora è in funzione del numero dei componenti il nucleo familiare
-
ai fini di calcolo ora viene considerato anche il patrimonio detenuto all’estero.
Nel nuovo ISEE la prima casa con mutuo viene calcolata sul valore dell'immobile della parte di mutuo ancora da pagare e sulla franchigia prima abitazione da calcolare in detrazione al reddito complessivo per le famiglie.
Per cui si avranno queste nuove franchigie prima casa da considerare ai fini calcolo del reddito familiare Isee 2018 la franchigia è fino a:
-
7.000 euro per chi vive in un’abitazione in affitto;
-
5.000 euro per chi vive in un’abitazione di proprietà, con aumenti di 500 euro per ciascun membro del nucleo familiare successivo al primo;
-
ad un massimo di 7.000 euro; fino a 6.500 euro per ogni persona del nucleo familiare non autosufficiente.
Redditi esenti: saranno ora compresi nel nuovo calcolo Isee oltre ai redditi soggetti a tassazione Irpef ordinaria come l’indennità di accompagnamento per i disabili anche quelli a tassazione sostitutiva come i redditi da locazione soggetti al regime della cedolare secca.
Vuoi calcolare online in tempo reale il Isee? Allora leggi, calcolo Isee online Inps.
Franchigia del 20% sui redditi da lavoro dipendente e da pensione: sui quali sottrarre gli eventuali assegni per l’ex coniuge ed i figli.
Spese per i Disabili: nella riforma del calcolo dell’ISEE verranno considerate le spese effettuate per il mantenimento e sostentamento per i disabili, con valore diverso a seconda del tipo di disabilità, ovvero, se media, grave e non autosufficienza.
Conti Correnti: il nuovo ISEE prende in considerazione anche la situazione del conto corrente non più al 31 dicembre dell’anno precedente ma calcolando la giacenza media conto.
Disoccupati: per i lavoratori che perdono l’occupazione, potranno richiedere immediatamente un Isee aggiornato per poter rientrare da subito nei servizi e nelle agevolazioni previste.
Compilazione del Modello: La dichiarazione ISEE deve essere richiesta ai Caf, Patronati, all’Inps o all'ente che eroga la prestazione, previa convalida da parte dell'Istituto che incrocerà i dati sui redditi e i patrimoni già in suo possesso e i dati autodichiarati dai contribuenti.
​
​

Bonus tv 2018: cos'è come funziona e da quando bonus televisori DVT-B2
Bonus tv 2018, bonus televisori, bonus decoder per switch-off Legge di Bilancio adeguamento televisore Dvb T2 a nuovo digitale cos'è e come funziona
Bonus tv 2018, al fine di facilitare e favorire il passaggio e l’adeguamento dei televisori alla nuova tecnologia tv Dvb T2 o ai nuovi decoder per il digitale terrestre, il governo Gentiloni, ha provveduto a destinare con la nuova Legge di Stabilità, risorse per 25 milioni all’anno nel triennio 2019-2022, quale bonus televisori e decoder da destinare alle famiglie.
Tale contributo economico, quasi sicuramente sotto forma di bonus switch-off, servirà a coprire i costi che le famiglie italiane saranno obbligate a sostenere entro il 1° luglio 2022, per acquistare nuovi televisori Dvb T2 o nuovi decoder.
Non tutti forse lo sanno ma dal 1° luglio 2022, le attuali apparecchiature di ricezione televisiva, televisori o decoder dotati di tecnologia Dvb T1, non saranno più in grado di ricevere i canali e le trasmissioni televisive a causa del passaggio obbligatorio al nuovo digitale terrestre 2.0 o meglio alle frequenze mobili comprese tra i 694 e i 790 MHz che saranno in grado di assicurare una migliore copertura per smartphone e tablet ed una migliore qualità visiva e sonora per le tv oltre a più contenuti in alta e altissima definizione.
Vediamo quindi il cos’è e come funziona il bonus televisori e il bonus decoder chiamato anche bonus switch-off, a chi spetta il contributo economico, perché si deve cambiare tv e decoder e quali sono le televisioni che non devono essere cambiati perché già dotati della nuova tecnologia Dvb-T2.
Bonus televisori e decoder 2018 cos'è?
Che cos'è il bonus televisori e decoder? Il bonus televisore 2018 ed il bonus decoder 2018, è un contributo economico che spetterà alle famiglie che tra il 2019 ed il 2021 acquisteranno un nuovo televisore Dvb T2 o un nuovo decoder per il digitale terrestre 2.0.
All'articolo 89 della nuova legge di Bilancio 2018, è previsto infatti un contributo economico a favore delle famiglie al fine di sostenerle nei costi di acquisto di nuove apparecchiature di ricezione televisiva tv o decoder a causa dello switch-off televisivo, ossia, del passaggio alla nuova tecnologia che avverrà dal 1° luglio 2022.
Per aiutare quindi gli utenti finali al cambiamento, la legge di stabilità 2018, ha assegnato 25 milioni di euro per ciascuno anno nel triennio 2019-2022, per istituire un bonus televisori e decoder che l'Agcom, Autorità garante per le Comunicazioni, dovrà adottare a seguito dell'approvazione, entro il 31 maggio 2018, di un piano nazionale di assegnazione delle frequenze da destinare al servizio televisivo digitale terrestre, chiamato PNAF 2018.
Per maggiori informazioni leggi la nota del MISE: televisori DVB-T2 nuova genaerazione dal 2022.
​
Bonus tv 2018: come funziona?
Come funziona il bonus tv ed il bonus decoder? Per spiegare come funziona in dettaglio il bonus televisore ed il bonus decoder, dobbiamo innanzitutto attendere l'approvazione definitiva della legge di Bilancio 2018 e vedere se le risorse destinate all'adeguamento dei televisori alla nuova tecnologia tv Dvb T2 e ai nuovi decoder per il digitale terrestre, saranno effettivamente messe sul piatto e poi l'approvazione del PNAF 2018 da parte dell'Agcom che darebbe poi il via anche al contributo economico destinato all famiglie.
Nel frattempo che arrivino maggiori informazioni ufficiali circa il nuovo bonus tv e decoder, andiamo a spiegare come funziona ed il perché di questo contributo economico.
Oggi in Italia funzionano due tipi di televisori:
-
i televisori dotati di tecnologia Dvb T1;
-
i televisori dotati di tecnologia Dvb T2.
A partire dal 1° luglio 2022, invece funzioneranno solo:
-
i televisori Dvb T2
-
decoder con nuovo digitale terrestre 2.0.
Ciò è dovuto dal fatto che dal 1° luglio 2022, ci sarà il passaggio obbligatorio alle nuove frequenze a 700 megahertz.
E cosa significa? Che a partire da questa data, tutte le emittenti televisive traslocheranno dall'attuale banda 470-690 Mhz alla nuova banda 700 Mhz e ciò farà sì che i televisori dotati della tecnologia standard Dvb T1 ed i vecchi decoder, non saranno più in grado di ricevere le nuove frequenze e di conseguenza non potranno più essere utilizzati per vedere i programmi televisivi.
Per cui è evidente che dopo questa data, chi vorrà vedere la tv dovrà necessariamente dotarsi o di apparecchi in Dvb T2 o di un decoder.
Bonus switch-off 2018 da quando e tempi:
Bonus switch off da quando entra in vigore? Per quella che è stata già chiamata la rivoluzione dei televisori sono stati già previsti dalla Legge di Bilancio 2018, 25 milioni di euro all'anno per 3 anni dal 2019 al 2020 da destinare alle famiglie quale contributo economico a sostegno dei costi che dovranno affrontare obbligatoriamente per acquistare una nuova tv con tecnologia Dvb T2 o un nuovo decoder.
I 25 milioni per il bonus switch-off, saranno recuperati dagli introiti previsti per l'asta delle frequenze e saranno assegnati in conformità alla normativa Ue sugli aiuti di Stato.
Da quando entra in vigore il bonus switch off? Il contributo economico per lo swith-off obbligatorio sarà un incentivo ai costi a carico degli utenti finali per l'acquisto di «apparecchiature di ricezione televisiva» come previsto dal decreto legge numero 16 del 2012, entrerà in vigore forse dal 2018 o dal 2019 e durerà 3 anni, fino al 2021.
Lo switch-off con banda 700Mhz partirà in tempi diversi:
-
dal 1° gennaio 2017: l'Italia ha reso obbligatoria la vendita esclusivamente di televisori con tecnologia Dvb T2-Hevc al fine di iniziare in anticipo l'adeguamento;
-
Tra il 2020 e 2021: ci sarà un periodo di transizione in cui le due tecnologie funzioneranno insieme;
-
Dal 2022: come da nota del ministero dello Sviluppo economico, ci sarà lo spegnimento delle attuali frequenze a favore della banda a 700 Mhz e la costruzione del Mux1 della Rai per aree geografiche.
-
Dal 1° luglio 2022, invece, ci sarà l'effettivo passaggio alle nuove frequenze e vecchi decoder e televisori non funzioneranno più.
Chi deve cambiare tv DVB-T2 e perché?
Chi deve cambiare tv dal 1° luglio 2022? Innanzitutto per capire chi dovrà cambiare il vecchio televisore ed acquistarne uno nuovo, bisogna considerare quando abbiamo acquistato il nostro televisore.
-
Se il televisore è stato acquisto prima del 1° luglio 2016: non è detto che sia già dotato della nuova tecnologia DVB-T2, per cui se non è compatibile, per usarlo dal 1° luglio 2022, ci vorrà un decoder;
-
Se il televisore è stato acquistato dopo il 1° gennaio 2017: la tv, dovrebbe essere già dotata di tecnologia Dvb T2, in quanto da questa data è scattato per i negozianti, l'obbligo di vendere ai consumatori, solo televisori già DVB-T2 o quantomeno abbinati a un decoder compatibile.
È bene comunque stare molto attenti, specialmente ora con l'arrivo del black friday e del Natale, a non lasciarsi tentare da offerte e prezzi troppo vantaggiosi, specie se online, perché esiste il concreto rischio che i televisori offerti siano quelli standard DVB-T.
Per cui prima di acquistare un nuovo televisore occorre verificare sempre se sulle specifiche tecniche il televisore sia dotato dello standard DVB-T2 e del più recente codec H265/HEVC.
Televisori DVB-T2: quali vantaggi?
Quali sono i vantaggi del passaggio dei televisori da DVB-T1 al nuovo standard DVB-T2? Il passaggio delle frequenze alla nuova banda 700, sia per le trasmissioni televisive che per le telecomunicazioni mobili 4G e 5G, ci saranno diversi vantaggi e benefici per gli utenti:
-
Le frequenze a 700 Mhz, riescono a superare meglio le barriere all'interno degli immobili e ciò garantisce:
-
migliore copertura per smartphone e tablet.
-
migliore qualità audiovisiva.
-
con il nuovo digitale terrestre, ci saranno più contenuti in alta e altissima definizione.
-
Il coniuge superstite titolare del diritto di abitazione nell’ex casa coniugale è, al pari dell’usufruttuario,
l’unico soggetto passivo ai fini delle imposte Imu-Tasi, a prescindere non solo dalle reali quote di possesso in
cui è suddiviso l’immobile, ma anche a prescindere dall’effettiva fruizione dello stesso diritto di abitazione.
La ondizione fiscale dei cosiddetti “coniugi superstiti”, soprattutto in relazione ai tributi locali, è una di quelle
su cui i contribuenti tendono maggiormente a fare domande. Fondamentalmente le casistiche possono
raggrupparsi in due grosse tipologie: da una parte vi sono infatti i coniugi superstiti che scelgono di restare a
vivere nella casa un tempo condivisa col coniuge defunto, e poi vi sono quelli che lasciano l’immobile per trasferirsi a casa dei figli o di qualche altro parente. Ad ogni modo, sussistendo il diritto di abitazione, la sostanza non cambia: sono loro gli unici a dover pagare le imposte locali. È proprio questa la chiave: il diritto di abitazione, sancito dall’articolo 540, secondo comma, del Codice Civile, presuppone il godimento, riservato al solo coniuge superstite, “anche quando concorra (all’eredità, ndr) con altri chiamati”, dei diritti abitativi sulla casa adibita a residenza familiare e dei diritti di uso sui mobili che la corredano, se di proprietà del defunto o comuni. Tali diritti “gravano sulla porzione disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed eventualmente sulla quota riservata ai figli”. Da notare che un siffatto principio sottintende non solo una tutela in senso economicomateriale, ma anche una logica moral-affettiva, andando cioè a preservare sia l’utilizzo concreto dell’immobile da parte del vedovo o della vedova, sia la possibilità di preservare la vicinanza ai ricordi affettivi contenuti nella casa familiare. Oggetto del diritto, immediatamente a decorrere dall'apertura della successione ereditaria (anche in assenza di testamento), è dunque l’ex casa coniugale, ossia l’abitazione in cui i coniugi svolgevano la loro vita di coppia. Tutto questo comporta ovviamente delle conseguenze a livello tributario. Fermo restando che il diritto di abitazione, come quello di utilizzo, non è cedibile a terzi, dal punto di vista fiscale la titolarità del diritto costituisce presupposto dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e, in particolare, il reddito derivante dal diritto di abitazione è qualificato come reddito fondiario ai sensi dell’art. 6 del Tuir (anche se di fatto l’Irpef non è dovuta sulle abitazioni principali, mentre il versamento dell’Imu sulle seconde case sostituisce l’Irpef). Ugualmente gravano sul titolare del diritto di abitazione (così come specificato nella risoluzione 5/DF del 28 marzo 2013) i tributi locali, e cioè la Tasi, l’Imu e la tariffa rifiuti (Tari). Quindi, come abbiamo detto, il coniuge superstite - in veste di titolare del diritto di abitazione -, è, al pari dell’usufruttuario, l’unico soggetto passivo d’imposta, e in quanto tale deve corrispondere i tributi in relazione all’intero immobile sul quale grava il diritto, indipendentemente dalle reali quote di possesso. Viceversa gli altri eredi, in quanto nudi proprietari, non saranno tenuti al versamento dell’imposta (o delle imposte). Da precisare, però, che nel caso il coniuge superstite rinunci esplicitamente e formalmente (vale a dire in forma scritta tramite atto notarile) al godimento del diritto di abitazione, l’onere fiscale andrà a ricadere pro-quota su tutti gli eredi coinvolti. Si ipotizzi allora il caso di un coniuge superstite che mantenga il diritto di abitazione sull’ex casa coniugale restandoci a vivere da solo o con i figli, eredi a loro volta di una quota di immobile. In tal caso il coniuge superstite non dovrà versare nulla sull’intera abitazione principale avendo appunto mantenuto residenza e dimora nell’immobile. Stesso meccanismo se il coniuge superstite dovesse lasciare l’abitazione (magari affittarla) e trasferirsi altrove. In tal caso sarebbe sempre lui (o lei) a dover pagare l’Imu e la Tasi con aliquote seconda casa, con l’unica differenza che in caso di locazione sarebbe comunque tenuto a dichiarare il reddito del canone versando l’Irpef o la cedolare secca a seconda del regime di tassazione scelto.
FT. ALDO ANTONINO INFUSO
SEGRETARIO PROVINCIALE FAPI PALERMO
​

Coniugi Superstiti









